Raccogliere dati linguistici ai tempi del COVID-19
ShareTIGR
29/08/2024
In un contributo precedente a questo, abbiamo parlato del lavoro sul campo, partendo dalla fase preliminare di ricerca e contatto con informatrici e informatori. Abbiamo discusso la questione della protezione e sicurezza dei dati e, soprattutto, le nostre modalità di comunicazione con le persone coinvolte, secondo i principi chiave di una scienza aperta ed equa. A questa preoccupazione di sicurezza maggiormente immateriale, all’avvio della raccolta dati si è aggiunto un problema di sicurezza estremamente materiale, che è l’oggetto del post di questa settimana: la pandemia da Covid-19. Com’è noto, il nostro passato recentissimo è stato radicalmente mutato – per un certo periodo – nel suo svolgersi quotidiano da un’emergenza sanitaria globale, con l’alternanza di fasi più o meno acute, a cui sono corrisposte restrizioni più o meno severe. Il progetto InfinIta, fra i cui scopi figurava anche quello di raccogliere il corpus TIGR, è iniziato proprio a settembre 2020: in quel momento, dopo i primi mesi di particolare difficoltà in tutti i paesi del mondo, l’estate aveva concesso un temporaneo allentamento delle misure di protezione, cui fece seguito un inverno ancor più complicato e che, per la Svizzera, comportò l’adozione di una serie di provvedimenti fra i più duri dell’intero periodo emergenziale.
Raccogliere dati di interazioni faccia a faccia nel vivo del distanziamento fisico e sociale, cercando inoltre di preservare la videoregistrazione di forme di comunicazione incorporata (p. es., le espressioni facciali), ha rappresentato per il nostro gruppo di ricerca una sfida nuova e delicata. Per prima cosa, l’intero processo di raccolta è andato incontro a dei ritardi, frutto sia di una sospensione totale delle attività sul campo nei periodi di maggiore crisi, sia di una dilatazione dei tempi di programmazione e organizzazione degli eventi con informatrici e informatori. È stato necessario mantenere sempre un’elevata flessibilità alla situazione corrente, monitorando costantemente l’evolvere delle misure preventive adottate dagli enti pubblici (nel nostro caso, i riferimenti erano quelli di: Ufficio federale della sanità pubblica, Cantone Ticino, Cantone Grigioni, Università della Svizzera italiana) e adattando gli eventi di raccolta alle regole prescritte. Ogni azione intrapresa, ogni uscita sul campo sono state opportunamente valutate, considerando il numero di partecipanti coinvolti e rischi per essi stessi e l’equipe di ricerca, agendo secondo principi di responsabilità e sicurezza.
Venendo ad alcuni casi concreti di adattamenti attuati, come anticipato anche nel post sul contatto con informatrici e informatori, dunque, nella fase di ricerca dei partecipanti allo studio abbiamo prediletto le modalità digitali (il questionario strutturato e diffuso tramite Qualtrics XM), in modo tale da ridurre il più possibile gli incontri fisici. Le ricercatrici e i ricercatori, in ogni caso, hanno anche tenuto colloqui telefonici o on-line, nel caso di richieste esplicite di approfondimento da parte di persone interessate. Sin dal questionario si faceva riferimento alle misure di prevenzione del Covid-19 adottate nel corso degli eventi di registrazione dati. Queste procedure sono state definite nel documento “Come ci proteggiamo dal Covid-19”, elaborato dal gruppo di ricerca, scaricabile da questionario e consultabile dai partecipanti in ogni momento della video-registrazione. Il documento è articolato in più sezioni, quali:
- Numero di persone coinvolte e forme di gestione di ogni incontro;
- Distanza fisica;
- Modalità di igiene, disinfezione e areazione degli spazi chiusi;
- Uso di dispositivi di protezione (mascherine);
- Casi di eventuale sintomatologia presente;
- Forme di tracciamento, allerta dei contatti e protezione di tali dati.
Alla luce di tutte queste misure di protezione e prevenzione, nella prima fase del lavoro sono stati raccolti dati unicamente da situazioni comunicative, previste dall’organizzazione del corpus TIGR, con minor numero di partecipanti: si tratta, ossia, degli eventi di cucina condivisa di un pasto e di conversazioni a tavola, casi in cui le partecipanti e i partecipanti erano ridotti a gruppi di massimo di 4 persone, già conviventi (in quanto nucleo familiare o studentesse/studenti in appartamenti condivisi), in modo da limitare al massimo il contatto prolungato fra estranei. Accanto a ciò, ci è stato possibile anche raccogliere le prime interviste – situazioni che vedevano la presenza di una/un ricercatrice/ricercatore e un’altra persona esterna – conducendo il colloquio in spazi aperti e arieggiati. Interessante è stato adattare questo tipo di situazioni all’epoca storica che stavamo attraversando: nel definire la traccia delle domande (essendo nella forma di interviste semi-strutturate), abbiamo infatti deciso di indagare percezioni personali, sentimenti e stati vissuti dalle persone nel corso dei mesi del Covid-19, in modo da conservare non soltanto dei dati utili alla ricerca linguistica, ma una narrazione testimoniale satura delle memorie locali di una situazione storica unica e particolare.
Per concludere, la pandemia globale da Covid-19 ha sicuramente influito sulla gestione, la programmazione e la concreta realizzazione della raccolta dati per il corpus ShareTIGR, costringendo le ricercatrici e i ricercatori a un costante monitoraggio, a scelte di responsabilità, ma anche – e forse soprattutto – all’accettazione delle limitazioni e all’adattamento rispetto alle circostanze. Del resto, le scienze sociali sono chiamate a fare proprio ciò: descrivere la vita dell’essere umano in relazione agli altri simili (in ambiente sociale) e agli esseri viventi (in ambiente naturale), nei contesti fisici e temporali in cui la vita stessa ha luogo. Da notare – e concludo davvero – che nella preparazione di questo testo ho cercato su un importante motore di ricerca accademico (Google Scholar) eventuali lavori sull’impatto del Covid-19 sulle scienze sociali (e sulla linguistica, in particolare) e sul modo di costruire il sapere scientifico medesimo in quel periodo: ebbene, a fronte di numerosi studi su usi linguistici particolari, comportamenti, forme di comunicazione o fenomeni legati ai social media, sembrano mancare indagini sistematiche e specifiche del modo in cui una pandemia, che ha ostacolato l’interazione umana e l’ha costretta – in larga misura – a delle forme digitali, abbia influenzato il lavoro di ricercatrici e ricercatori che proprio nella situazione faccia a faccia radicano il loro studio. In tal senso, è doveroso un auspicio per il futuro.
Christian Geddo